Romans 2015 – Iniziazione cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa

Formazione

XVI settimana di formazione per catechisti

La presentazione

Il Centro Pastorale e l’Ufficio Catechistico Diocesano propongono, dal 31 agosto al 3 settembre 2015, una 4giorni di formazione rivolta agli operatori pastorali presso la sala Galupin a Romans d’Isonzo. Non si tratta del consueto appuntamento per i soli catechisti che da anni si tiene in quella cittadina. Ma sarà un’iniziativa più grande, inserita pienamente nel piano pastorale del prossimo anno.

Con questo convegno si dà avvio, a livello diocesano e in vista di un profondo rinnovamento, ad una riflessione sull’Iniziazione Cristiana, attorno a cui tutte le attività parrocchiali ruoteranno. Sarà determinante la presenza dei parroci, dei catechisti e degli operatori pastorali, ma anche di “tutti coloro che già ora sono impegnati nell’iniziazione cristiana (o vogliono impegnarsi), perché, partendo dall’esistente e da quanto si fa già, ci si arricchisca a vicenda, si colmino eventuali lacune, si rilancino esperienze intelligenti, ci si riprenda dagli scoraggiamenti”.

Come ci suggerisce il nostro arcivescovo Carlo nelle riflessioni conclusive all’assemblea diocesana, “l’iniziazione di nuovi cristiani non è un aspetto secondario per una comunità. Se mancano nuovi cristiani, la comunità muore. Se la Chiesa non genera […] non è generata. L’iniziazione deve pertanto essere qualcosa che la impegna particolarmente. Anche perché la responsabilità di iniziare altri alla vita cristiana spinge continuamente la comunità a tornare alle sorgenti della prima Chiesa, a riscoprire l’essenziale, a restare in contatto con la forza del Vangelo, a infiammarsi del fuoco dello Spirito. Mettere al centro del piano pastorale l’iniziazione cristiana non è solo importante per la sopravvivenza di una comunità, ma per il suo rinnovamento”.

Lentamente ma con crescente consapevolezza la prassi legata all’Iniziazione Cristiana suscita all’interno delle nostre comunità diversi e profondi interrogativi. Il suo ripensamento non può essere ridotto a un problema di ingegneria pastorale. Saremo chiamati a rimetterci in gioco in modo nuovo, come comunità diocesana e parrocchiale. Per questo la 4giorni di formazione intende attivare un percorso di rinnovamento e individuare prospettive e opportunità alternative.
Per questi motivi è opportuno che vi sia la più ampia partecipazione.

Sede del percorso

Ricreatorio Galupin – Piazza Candussi, 1 – 34076 Romans d’Isonzo (Go)

Quota

La quota di partecipazione è di euro 25.00.

Scarica la locandina (pdf) e il volantino (pdf)

Il programma

Contenuti

La quattro giorni formativa di Romans d’Isonzo (XVI edizione) vuole essere un momento di riflessione e condivisione in vista di un rinnovamento della prassi dell’Iniziazione Cristiana a livello diocesano.

In un primo momento scopriremo come la comunità ecclesiale attuando l’iniziazione cristiana compie ciò che le è proprio e le appartiene, generando alla fede e rigenerandosi nella fede.

In un secondo momento verrà introdotto il concetto di itinerario di Iniziazione cristiana. Si vuole offrire un’opportunità e un’esperienza formativa che permetta di comprendere gli aspetti portanti dell’Iniziazione cristiana.

In un terzo momento la riflessione si vuole concentrare sul coinvolgimento dei genitori e della famiglia nel cammino di educazione e di appartenenza dei figli alla comunità ecclesiale. Un rinnovamento dell’IC interessa non solo i ragazzi, ma anche i genitori e gli adulti, ponendoli al centro della proposta, bisognosi di un accompagnamento, che il più delle volte è riscoperta e ricominciamento della fede.

Finalità

– Cogliere e approfondire il nesso che intercorre tra la comunità cristiana e l’Iniziazione cristiana.

– Conoscere, approfondire e possedere un’idea sufficientemente chiara di itinerario di Iniziazione cristiana.

– Delineare il compito dei genitori e delle famiglie nella trasmissione alla fede pensando ad un loro cammino di formazione.

Metodo

La metodologia da usare è il laboratorio. Attraverso il laboratorio i partecipanti sono aiutati ad essere protagonisti della loro formazione attraverso la dinamica “imparare-facendo”. Questo metodo si avvale di tre fasi: espressiva, informativa, riespressiva.

Mandato del Vescovo

«Il servizio catechistico nasce da una risposta libera ad una chiamata vissuta all’interno della comunità ecclesiale: «il catechista è consacrato e inviato da Cristo» per mezzo della Chiesa. […]

La ministerialità del servizio catechistico, espressa dal Mandato che il vescovo conferisce ai catechisti, apre al riconoscimento di una grazia particolare, la quale sostiene il loro servizio, […]

Il Mandato esprime dunque l’appartenenza responsabile del catechista alla propria comunità diocesana, perché manifesta la sua corresponsabilità nella missione di annunciare il vangelo e di educare e accompagnare nella fede. Esso è anche il segno del riconoscimento di questa specifica vocazione e un titolo fecondo per il coordinamento dell’azione educativa in seno alla Chiesa.

Si invitano pertanto le diocesi a dare rilievo al Mandato del vescovo ai catechisti: non sia occasionale, ma – per coloro che vengono segnalati dai parroci e scelti dopo un prezioso tirocinio – si prevedano opportuni corsi di formazione e di aggiornamento in vista di un costante e fruttuoso impegno nella catechesi» (Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, n. 78).

È sulla base di questo invito e di queste indicazioni che in collaborazione con l’Ufficio Liturgico Diocesano abbiamo pensato di proporre al termine del percorso formativo di Romans d’Isonzo la celebrazione del Mandato dell’Arcivescovo a tutti i catechisti, educatori e animatori che sono impegnati nell’annuncio e nella catechesi diocesana.

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Lunedì 31 agosto

17.45 – Iscrizioni e accoglienza
18.15 – Preghiera presieduta dall’Arcivescovo di Gorizia Carlo Maria Redaelli
18.25 – Presentazione del percorso formativo, fra Luigi Bertié
18.35 – Laboratorio di studio
20.00 – Pausa cena
20.30 – Relazione: Il volto educativo di una comunità che “inizia” alla vita cristiana, Don Marino Rossi, direttore Ufficio Catechistico della diocesi di Concordia-Pordenone
21.15 – Laboratorio di studio
22.15 – Preghiera conclusiva e saluti

Il volto educativo di una comunità che “inizia” alla vita cristiana

Si è appena conclusa a Romans d’Isonzo la XVI settimana di formazione per catechisti, organizzata dall’Ufficio Catechistico Diocesano con la collaborazione dell’Ufficio Liturgico, del Centro Pastorale e della parrocchia Maria Annunziata di Romans, che ci ha ospitati in modo impeccabile.

Si è svolta in tre serate molto intense, ricche di spunti, riflessioni, momenti comunitari di condivisione e approfondimento, di convivialità e conoscenza reciproca. Fil rouge di tutti gli incontri e fondamentale sentimento comune, che si respirava nell’aria, è stato il bisogno e la voglia di rinnovamento, l’urgenza quasi, e nel contempo la gioia che scaturisce dal rimettersi in gioco in modo nuovo, dalla presa di coscienza della nuova missione della Chiesa, una Chiesa che genera e rigenera se stessa.

«Se la Chiesa non genera, non è generata» – sono parole del nostro Arcivescovo Carlo, che ha aperto gli incontri con un momento di preghiera – «L’iniziazione di nuovi cristiani non è un aspetto secondario per una comunità. Se mancano nuovi cristiani, la comunità muore». Ecco dunque l’urgenza e la necessità di adeguare gli attuali percorsi di catechesi, convertendoli in percorsi di Iniziazione Cristiana, il cui fine non è semplicemente preparare ai sacramenti o trasmettere contenuti e sapere, ma integrare in un percorso globale, graduale ed esperienziale tutte le tappe del cammino per diventare cristiani.

«Ci troviamo alla fine del Cristianesimo cosiddetto sociologico, ricevuto per eredità e praticato per dovere. Un tempo la fede si trasmetteva per osmosi nella società, in famiglia, a scuola. La “dottrina” in parrocchia doveva insegnare solamente i contenuti del credo cattolico e preparare al ricevere i sacramenti. Man mano, nel tempo, si è verificato uno scollamento sempre più profondo fra fede e vita del mondo moderno, rendendo inefficace e fallimentare l’approccio conservatore e facendo sentire necessario un cambiamento di prospettiva ed azione: dall’autoconservazione ad una nuova evangelizzazione. Ormai i cristiani non sono più la massa e proprio per questo in essa devono diventare lievito» . Questo l’incipit della relazione di Don Marino Rossi, direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi di Concordia-Pordenone, che ci ha mostrato qual è il volto educativo di una comunità che “inizia” alla vita cristiana. Importante recuperare, infatti, la consapevolezza di essere “popolo di Dio” con un ruolo attivo ed indispensabile: è la comunità il soggetto dell’iniziazione cristiana. Dobbiamo educarci, come comunità, a rispecchiare il ruolo della Chiesa discepola, madre e maestra nella fede (EVBV 20) e imparare l’arte dell’accompagnamento (cf. Es 3,5), diventando una comunità cristiana umana e umanizzante, riscoprendo il nuovo umanesimo in Gesù Cristo (IG 72; GS 22, 41; Traccia Fi 19) attraverso cinque vie: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.

Nel concreto, dobbiamo imparare a “toglierci i sandali davanti alla terra sacra dell’“altro” (cf Es 3,5) e dare al nostro cammino “il ritmo salutare della prossimità” (EG 169), ponendo al centro della nostra azione l’attenzione e la cura per le persone, l’accompagnamento dei giovani, delle famiglie e degli adulti, le relazioni fra persone e fra parrocchie diverse, verso un’azione pastorale sinergica e integrata.

«Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze»(EG 49). Questo significa essere “Chiesa in uscita”, come ci sprona a diventare Papa Francesco; perché se sperimentiamo l’incontro con Cristo e adottiamo il suo stile non possiamo non sentirci spinti ad uscire, sporcarci, ferirci: «la vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio; cresce e matura nella misura in cui la doniamo per la vita degli altri. La missione, alla fin fine, è questo. Possa il mondo del nostro tempo – che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza- ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti ed ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo» (EG 10).

Valentina Serantoni

I documenti


Iniziazione cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa (31/08/2015) – Youtube

Prima serata – Schema relazione
Prima serata – Laboratorio – Testi per lavori di gruppo
Prima serata – Lavori di gruppo

Martedì 1 settembre

18.00 – Accoglienza e preghiera
18.30 – Laboratorio di studio
20.00 – Pausa cena
20.30 – Relazione: L’identità dell’Iniziazione Cristiana, Don Giorgio Bezze, direttore Ufficio Catechistico della diocesi di Padova
21.15 – Laboratorio di studio
22.15 – Preghiera conclusiva e saluti

L’identità dell’Iniziazione Cristiana

Ma allora da dove partire per rivoluzionare la formazione dei nuovi cristiani? Don Giorgio Bezze, direttore dell’Ufficio Catechistico della diocesi di Padova, coadiuvato da Marzia Filippetto, laica consacrata responsabile della Casa di Spiritualità di Fiesso d’Artico, ci hanno fatti lavorare sul concetto, per molti fumoso e poco chiaro di “Iniziazione Cristiana”, attraverso laboratori di dialogo e confronto fra catechisti della stessa città o di parrocchie vicine: un modo semplice ed efficace per incentivare la collaborazione fra di noi, aprendoci al contatto con le realtà che ci circondano. L’Iniziazione Cristiana è il nuovo approccio e il nuovo percorso da adottare affinché la Chiesa torni a generare cristiani.

Cosa si intende dunque con questa espressione? Partiamo dall’etimologia: inizio + azione. Potremmo chiamarlo tirocinio o apprendistato. Il meccanismo è lo stesso: si parte dall’esperienza, guidati ed accompagnati per acquisire man mano anche la conoscenza, in un cammino diffuso nel tempo e scandito dall’ascolto della Parola, dalla celebrazione e dalla testimonianza della comunità, per giungere infine all’impegno di una scelta di fede, vivendo come figli di Dio, secondo il Vangelo. Questo processo viene definito globale, perché vengono coinvolte tutte le componenti della persona (cognitiva, emozionale, relazionale, volitiva); è importante che sia graduale, scandito da tappe che aiutano ad assimilare la nuova identità di cristiani: esse sono i Sacramenti. È fondamentale ri-tarare la nostra considerazione dei Sacramenti, troppo spesso considerati come il fine dei singoli “corsi di catechismo”, e non come tappe di un percorso unitario, quali invece devono essere.

Dai laboratori svolti sono emersi molti aspetti positivi ricollegati al concetto di “iniziazione”, ma poi sono sorti i vari problemi, molti dei quali riguardanti l’attuazione: come realizzare tutto questo nella pratica?

«Privilegiate la qualità alla quantità» – rispondeva don Giorgio – «perché non uscire dallo schema mentale del tempo settimanale? Perché non prevedere meno incontri magari, e più esperienziali e lunghi? Ricordate che dovete condurre i bambini e i ragazzi ad una scelta di fede, e affinché questo avvenga sono necessari tempi di maggior respiro, più ampi rispetto a quanto serviva una volta solo per imparare le cose». L’esperienza permette la mobilitazione dell’intera persona, in tutti i suoi aspetti, in particolare quelli emozionali e relazionali; comporta un incontro, e con esso il vivere la dimensione della la testimonianza, una delle tre componenti fondamentali a cui già prima si accennava: catechesi, liturgia e carità. Non dimentichiamoci, inoltre, di considerare il mondo dei ragazzi, molto più ricco, sfaccettato e spesso controverso rispetto alla realtà del secolo scorso: «Per avvicinarci a loro dobbiamo intercettare il loro sguardo, e per fare questo dobbiamo chinarci, esattamente come fa quel padre, per accogliere il suo bambino» – così Marzia commentava il dipinto di Van Gogh “I primi passi” (1890) – «siamo chiamati a piegarci, creando uno spazio educativo a loro misura, che favorisca la loro crescita». E non solo: «Guardiamo ora alla madre, che possiamo considerare come la comunità intera; osserviamo come sostiene il suo bambino, senza però trattenerlo, mentre muove i primi passi, e lo sospinge dolcemente verso il padre». Ricordiamo che il soggetto primo dell’iniziazione cristiana è la comunità. Essa è chiamata ad “esserci” accanto ai suoi figli, a creare attorno a loro le condizioni perché possano muovere fiduciosi i loro passi, alla luce della Parola, partecipando in prima persona dunque al loro cammino. «Non lasciate il catechista isolato» – consigliava ancora Marzia – «è importante lavorare in sinergia: tutte le figure di apprendimento che ruotano attorno al ragazzo vanno coinvolte, in primis i genitori».

Tasto dolente, quest’ultimo, approfondito nell’incontro dell’ultima sera, nuovamente supportati da don Giorgio Bezze e Marzia Filippetto.

Valentina Serantoni

I documenti


Iniziazione cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa (01/09/2015) – Youtube

Seconda serata – Schema relazione
Seconda serata – Power point (pptx)
Seconda serata – Power point (pdf)
Seconda serata – Lavori di gruppo (pdf)
Seconda serata – Preghiera conclusiva

Mercoledì 2 settembre

18.00 – Accoglienza e preghiera
18.30 – Laboratorio di studio
20.00 – Pausa cena
20.30 – Relazione: Intessere relazioni buone e continuative: il coinvolgimento dei genitori e delle famiglie nell’Iniziazione cristiana dei figli, Don Giorgio Bezze, direttore Ufficio Catechistico della diocesi di Padova
21.15 – Laboratorio di studio
22.15 – Preghiera conclusiva e saluti

Intessere relazioni buone e continuative: il coinvolgimento dei genitori e delle famiglie nell’Iniziazione cristiana dei figli

«Dobbiamo renderci conto del fatto che fino ad ora abbiamo vissuto nell’illusione» – ha esordito don Giorgio – «anni ed anni di catechismo classico a cosa hanno portato? A ritrovarci oggi con adulti che lasciano i propri figli alla Santa Messa o agli incontri di catechismo come fossero servizi di baby-sitter oppure solo perché spinti dal “dovere sociale” ancora presente in loro o nei nonni; spesso sono loro a sollecitare la frequentazione del catechismo e della parrocchia: ci troviamo di fronte all’onda lunga del cristianesimo sociologico, ne osserviamo gli ultimi strascichi. È palpabile il loro disagio nel sentire come un dovere anche personale l’educazione cristiana dei figli, consapevoli che nel sacramento del Matrimonio hanno ricevuto la grazia e la responsabilità di fare ciò, ma nel non essere più in grado di farlo, avendo loro per primi difficoltà in questo ambito. Dobbiamo capire che questi genitori vivono una religiosità, fatta di norme, abitudini, riti, e non una fede, che richiede invece un profondo coinvolgimento interiore e l’incontro personale con Cristo». La cultura attuale non trasmette la fede, ma promuove la libertà religiosa: in questo orizzonte la fede diventa un dono, una scelta e quindi una responsabilità, intesa come risposta all’amore donato.

«Intercettiamo i genitori nel momento più intenso della loro vita: la nascita dei figli porta un grande sconvolgimento nei loro cuori e nella loro quotidianità, li porta a rimettersi in discussione, in cammino, a riscoprirsi nel profondo. Questa fase è terreno fertile, appena arato, per piantare i semi di un rinnovamento anche spirituale». Partendo da questo presupposto, don Giorgio ci ha spinti a considerare il fatto che con gli adulti non si parte mai da zero: «Siamo chiamati in primo luogo ad osservare e vedere il bene che già c’è, tenendo presente il cammino personale di ognuno di loro, senza mai giudicare, cercando invece di offrire loro l’occasione che non hanno mai avuto, o che a suo tempo non hanno colto». È la logica del secondo annuncio, da portare a chi ha sentito parlare di Gesù Cristo e ha già ricevuto i Sacramenti, ma non lo ha mai accolto nella propria vita, non lo ha mai effettivamente scelto; è un annuncio che deve quindi essere inteso in senso generativo.

«Ero anche io nella categoria dei “figlioli prodighi”, coloro che si erano allontanati dal Signore e dalla Sua Chiesa» – ha raccontato Marzia nella sua testimonianza – «ho riscoperto la fede da adulta, accompagnata con tatto, comprensione e competenza da persone che mi hanno fatta incontrare con Cristo… e non l’ho più lasciato. Ho voluto scendere in prima linea per donare anche ad altri come me, quello che io avevo ricevuto». Marzia ci ha parlato della sua vita, di come si è convertita, con una gioia ed un entusiasmo invidiabili – «noi convertiti siamo così, dei vulcani» – scherzava.

Così ha commentato la parabola del figliol prodigo: «Quando si vive lontano da Dio, pian piano ci si riveste di pensieri e comportamenti lontani dal messaggio evangelico; convertirsi significa tornare indietro, tornare a casa. E per tornare si ha bisogno di trovare qualcuno che ti accoglie e non giudica, e di servi che portino abiti nuovi, per rivestirsi di Cristo». Cosa offriamo noi, nelle nostre parrocchie e comunità, agli adulti? Siamo come quel padre, con le braccia spalancate, pronti a intessere relazioni continuative con loro, e non solo sporadiche o in occasione di?

«Abbiate verso di loro l’atteggiamento della cura; dedicate loro il vostro tempo, create un clima relazionale favorevole, senza imporre nulla e invece ponendovi in ascolto con rispetto e attenzione, in modo semplice e con delicatezza. Curate i dettagli: gli orari, il luogo, l’ordine della sala, le luci… fate in modo che si sentano come a casa, in famiglia: i dettagli sono lo stile di Dio» – suggeriva ancora Marta – «Non hanno bisogno di lezioni o spiegazioni, ma di ritrovare il gusto di vivere la fede: per fare questo seguite i criteri della plausibilità e utilità, e della piacevolezza».

Alla luce di quanto ascoltato ci rendiamo conto che anche per i percorsi dedicati agli adulti il fine è quello di diventare cristiani e quando arriveranno a dire «sì, nella Sua Parola, c’è una parola anche per me» e a percepire, come Marzia, che davvero «Egli fa nuove tutte le cose», anche la loro stessa vita, donando una pienezza, un’integrità e una sensibilità uniche, allora ognuno di loro sarà «entrato una seconda volta nel grembo di sua madre e rinato […] nato dall’alto, da acqua e Spirito» (Gv 3, 1-20).

Ecco allora il volto di una Chiesa madre, che sa rigenerare se stessa per generare ancora. Tutti noi siamo chiamati ad essere seminatori di cambiamento, passando da una catechesi di mantenimento ad una catechesi di primo annuncio, in cui la fede non si dà per scontata, ma va fatta nascere; rileggendo e riconfigurando i percorsi di Iniziazione Cristiana in prospettiva catecumenale; passando da percorsi puerocentrici a itinerari adultocentrici; lavorando in sinergia fra parrocchie e operatori pastorali e ricordando che “Prima dei catechismi sono i catechisti, anzi, prima ancora ci sono le comunità cristiane” (DB n° 200).

Valentina Serantoni

I documenti


Iniziazione cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa (02/09/2015) – Youtube

Terza serata – Power point (ppt)
Terza serata – Power point (pdf)
Terza serata – Schema relazione
Terza serata – Laboratorio – Testi per lavori di gruppo
Terza serata – Preghiera conclusiva

Giovedì 3 settembre

20.30 – Mandato diocesano ai catechisti e agli animatori/ educatori presieduto dall’Arcivescovo Carlo Maria Redaelli

“L’iniziazione di nuovi cristiani non è un aspetto secondario per una comunità. Se mancano nuovi cristiani, la comunità muore. Se la Chiesa non genera non è generata. L’iniziazione deve pertanto essere qualcosa che la impegna particolarmente. Anche perché la responsabilità di iniziare altri alla vita cristiana spinge continuamente la comunità a tornare alle sorgenti della prima Chiesa, a riscoprire l’essenziale, a restare in contatto con la forza del Vangelo, a infiammarsi del fuoco dello Spirito. Mettere al centro del piano pastorale l’iniziazione cristiana non è solo importante per la sopravvivenza di una comunità, ma per il suo rinnovamento”.
Carlo Maria Redaelli, Arcivescovo di Gorizia

“Perché dall’accoglienza dell’annuncio possa scaturire una vita nuova, la Chiesa offre itinerari d’iniziazione a quanti vogliono ricevere dal Padre il dono della sua grazia. Con l’iniziazione cristiana la Chiesa madre genera i suoi figli e rigenera se stessa. Nell’iniziazione esprime il suo volto missionario verso chi chiede la fede e verso le nuove generazioni. La parrocchia è il luogo ordinario in cui questo cammino si realizza. (…) Un ripensamento si impone, se si vuole che le nostre parrocchie mantengano la capacità di offrire a tutti la possibilità di accedere alla fede, di crescere in essa e di testimoniarla nelle normali condizioni di vita”.
Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia

Celebrazione del Mandato

Quattro serate intense per la formazione dei catechisti hanno visto impegnati i relatori e i partecipanti, molti. Il per-corso formativo non era rivolto solo ai catechisti della diocesi, ma anche agli educatori, uomini e donne di buona volontà, impegnati nel cammino di fede delle proprie comunità cristiane e di tutta la Diocesi.

L’ultima sera, nella chiesa di santa Maria Annunziata di Romans d’Isonzo è stato celebrato il Mandato ai catechisti, educatori e animatori, presieduto dall’Arcivescovo Carlo Maria Redaelli. La festa del Mandato è un momento di gioia che celebra il ritrovarsi della comunità cristiana, dopo la pausa estiva, per riprendere il cammino comunitario. Di più: «il Mandato esprime l’appartenenza responsabile del catechista alla propria comunità diocesana, perché manifesta la sua corresponsabilità nella missione di annunciare il vangelo e accompagnare nella fede. Esso è il segno di questa specifica vocazione e un titolo fecondo per il coordinamento dell’azione educativa in seno alla Chiesa» (Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi, n. 78). Davanti a un compito così importante ci è sembrato opportuno farlo precedere da un per-corso di formazione e di aggiornamento per rendere più costante e fruttuoso l’impegno nella catechesi.

In perfetta sintonia con il tema del corso, “Iniziazione Cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa”, la celebrazione del Mandato si è aperta davanti al fonte battesimale per far memoria del battesimo ricevuto. Suggestivo il gesto che ha visto cinque catechisti, rappresentanti le zone pastorali dell’arcidiocesi, accendere delle lampade dal cero pasquale tenuto dall’Arcivescovo. Dopo la benedizione dell’acqua, i catechisti, preceduti dal cero pasquale, hanno portato sopra l’altare le loro lampade, mentre i fedeli venivano aspersi da Mons. Carlo Roberto Maria.

L’Arcivescovo, partendo dalla lettura del Vangelo di Luca (24,13-27), ha spiegato che come Gesù affianca i due discepoli diretti a Emmaus per spiegare loro le scritture, così i catechisti sono chiamati ad accompagnare fianco fianco chi è loro affidato attraverso la Parola di Dio affinché si possa arrivare a riconoscere Gesù, Signore della vita. Un buono e utile strumento è la Lectio Divina. Essa ci permette di gustare la Parola attraverso alcuni sensi. Vedere con gli occhi di Gesù carichi di com-passione; sentire, come Gesù, il lamento del prossimo; toccarlo, dandogli la mano, come ha fatto Gesù. Nella Bibbia, ha proseguito l’Arcivescovo, troviamo le risposte alle tantissime domande che attanagliano la nostra vita. Più la leggiamo e più la Sacra Scrittura ci contagia, più conosco Dio e più arrivo a conoscere il mio vero io.

La celebrazione è proseguita con il rito del Mandato, nel quale i catechisti hanno manifestato la propria volontà a testimoniare con la loro vita gli impegni della loro vocazione. La professione di fede e la benedizione impartita dall’Arcivescovo hanno chiuso questo momento di preghiera.

Infine, a ciascun partecipante è stato donato un segnalibro sul quale si trova scritta la preghiera del catechista, per intercessione di san Proto, e il bue, simbolo dell’evangelista Luca, particolare della Cattedrale di Gorizia. L’immagine richiama il Vangelo di Luca che ci accompagnerà durante quest’anno liturgico e ha offerto lo spunto per la lettera pastorale.

Donata Cotoloni

I documenti


Iniziazione cristiana: una Chiesa che genera e rigenera se stessa (03/09/2015) – Youtube

Scarica il libretto sulla Celebrazione Diocesana del mandato ai catechisti

Testimonianze dal percorso di formazione per catechisti

Per non dimenticare l’entusiasmo e l’intenso coinvolgimento che ha attraversato i partecipanti al per-corso di formazione per catechisti svoltosi a Romans vogliamo riportare alcune testimonianze, raccolte al termine dell’esperienza.

Alcuni ci hanno ricordato quanto hanno appreso in termini di obbiettivi, contenuti e metodi: «tanta ricchezza di contenuti informativi e formativi. La gioia vista negli occhi dei formatori che è stata trasmessa appieno» (Eleonora, Grado); «la consapevolezza di dovermi aprire ad esigenze nuove con metodi, strumenti e linguaggi nuovi e quanto sia necessario partire da noi stessi per crescere con gli altri» (Daria, Staranzano); «molti stimoli, idee nuove, nuovo entusiasmo, voglia di condividere con il C.PA.PA» (Anna, Monfalcone); «il desiderio di rinnovare i metodi; la consapevolezza di contribuire al progetto di comunità; la volontà di cercare l’altro» (Arianna, Staranzano).Retour ligne automatique
Altri sono stati colpiti dallo stile che deve avere un catechista: «la serenità e la consapevolezza che un annuncio semplice e gioioso, accompagnato da un atteggiamento coerente, vale molto più di mille tecnologie» (Maria, Aquileia).

Per altri sono state significative le relazioni che si sono intessute tra partecipati: «aver avuto la possibilità di confrontarmi con altre persone della mia zona e con relatori che provengono da altre diocesi (Francesca, S. Vito al Torre)»; «la condivisione con gli altri catechisti; la riscoperta di tanti piccoli dettagli; la voglia di condividere la mia esperienza di fede con gli altri; tanta voglia di fare!» (Nancy, Cormons); «la condivisione delle varie esperienze; il desiderio di ricominciare ed annunciare il Vangelo ai bambini» (Lucia, Cervignano); «è possibile condividere e collaborare nella responsabilità di un impegno comune» (Rita, Grado); «la condivisione di obbiettivi, problemi, paure di altre parrocchie» (Manuela, Cormons); «il confronto con altre parrocchie e la nuova consapevolezza di quale sia il tipo di catechesi (iniziazione cristiana) da realizzare» (Giulia, Turriaco).

È stata anche un’occasione per rivivere l’entusiasmo delle origini: «mi ha fatto rivivere il mio primo annuncio attraverso la testimonianza» (Gabriella, Cervignano).Retour ligne automatique
Ci sono catechisti/e carichi della tre giorni si sentono già proiettati nel futuro: «voglia di cambiamento e miglioramento; l’idea che i sacramenti sono tappe , non il fine dell’iniziazione cristiana» (Agnese, Romans d’Isonzo); «“Mi sento il seminatore” ed esco con il desiderio di iniziare il prossimo anno catechistico con uno spirito rinnovato e con la speranza di essere migliore nei rapporti coi genitori» (Egle, Mariano del Friuli); «la speranza di poter collaborare al cambiamento; la gioia della sfida» (Guido, Monfalcone).

Alcuni si sono sentito sollecitati sull’accompagnamento dei genitori: «l’idea che bisogna coinvolgere i genitori nell’iniziazione cristiana e la frase che la fede è come il ballerino che danza (esprime ciò che si è)» (Kristina, Aurisina).

C’è chi si porta a casa il senso di appartenenza alla comunità cristiana: «la gioia di appartenere ad una Chiesa in cammino, che cerca di crescere, vivere e stupirsi di fronte alla novità di Dio» (Liliana, Farra d’Isonzo).

Per altri è stato fondamentale l’invito ad un cambio di mentalità: «il fatto che devo rivoluzionare la mia mentalità, cambiare la direzione con una conversione a U» (Gigliola, Gorizia).

È interessante notare come in tutte queste testimonianze si possano ritrovare le sfide che è chiamata ad affrontare la Chiesa Goriziana in ogni sua singola parrocchia per quanto riguarda l’Iniziazione Cristiana. Tuttavia, si ritorna a casa con la certezza che un piccolo tratto di strada insieme è stato fatto.