Chi ben comincia…: settembre mese dei genitori?

Genitori e figli

Iniziare con i genitori i percorsi di catechesi dei figli

Si avvicina l’inizio dell’anno di catechesi nelle nostre parrocchie. Oltre alla preoccupazione per il reperimento dei nuovi catechisti e per il numero di adesioni per poter formare dei gruppi significativi, imprescindibile è l’attenzione da riservare nei confronti delle famiglie.

Potremmo dire che oggi il catechismo è un “prodotto” che viene offerto non ad un singolo, il ragazzo, ma ad una famiglia, al cui interno ci sta un ragazzo. Certo, è un’immagine da cogliere con tutte le riserve del caso, anche se è vero che in giro per l’Italia sono numerose le sperimentazioni che prevedono coinvolgimenti delle famiglie i più svariati, con diversi livelli di intervento dei genitori, che vanno dall’invito a partecipare a degli incontri di formazione a loro dedicati sino allo svolgere essi stessi la catechesi ai figli, dopo un breve addestramento da parte della comunità parrocchiale.

Una prassi che si sta diffondendo anche nella nostra diocesi consiste nell’invitare in parrocchia dapprima i genitori e solo in un secondo momento i figli, soggetti diretti della catechesi. Settembre, allora, diventa il tempo delle vendemmie non solo nelle vigne in campagna, ma anche nella vigna del Signore, dove si raccolgono i grappoli dei candidati al catechismo con i tralci che sono i loro genitori.

Lo scopo di questi primi contatti con le famiglie, che dovrebbero essere sia individuali, con il parroco o con la catechista, sia di gruppo, sono molteplici.

– Innanzitutto la conoscenza personale. È forte infatti la tendenza nell’immaginario collettivo a racchiudere anche la Chiesa nella sfera dei “servizi”, per il quale si pagherebbe una tassa e di cui si può godere per uno-due anni. È capitato in qualche parrocchia anche il caso in cui i bambini sono stati inseriti nel gruppo senza neppure una richiesta formale da parte del genitore né al parroco né alla catechista: portati al “servizio” con gli altri e ritirati al termine. L’incontro con le famiglie ricorda allora anche alle persone meno vicine al mondo ecclesiale che questo è come una famiglia più grande, come una comunità nella quale ci si presenta e nella quale si è accolti e ci si inserisce, facendosi presenti.

– In secondo luogo l’ascolto dei genitori. Sono adulti, sono i primi titolari dell’educazione dei figli, portano i ragazzi nella nostra comunità e vanno quindi ascoltati: motivazioni, attese, perplessità, esigenze particolari. Dall’ascolto dei genitori si possono imparare molte cose sui ragazzi, scoprire ulteriori possibilità di collaborazione con la parrocchia, aggiustare gli obiettivi della catechesi stessa. Inoltre, in questo modo si riconosce ai genitori quella dignità di interlocutori attivi e non semplicemente fruitori passivi di servizi ecclesiali di cui si diceva più sopra.

– In terzo luogo la presentazione del percorso di catechesi. Se ai genitori offriamo un panorama ragionato di ciò che intendiamo proporre ai loro figli e alle loro famiglie, aumentiamo il grado di motivazione nelle famiglie stesse e possiamo contare su qualche “rinforzo” educativo da parte delle famiglie nei confronti dei ragazzi. Una tentazione purtroppo frequente, specie con educatori e catechisti un po’ “acerbi” pedagogicamente, è vedere nelle famiglie degli ostacoli o dei concorrenti nell’educazione cristiana dei figli, invece che delle risorse. Illustrare il progetto generale del percorso aiuta anche i catechisti ad avere ben chiaro l’insieme e la comunità cristiana ad essere più vicina ai catechisti nelle diverse tappe proposte nella catechesi.

– Importante è il concordare un “patto formativo” con i genitori. Insieme si concordano le attenzioni da avere; la parrocchia può sottolineare gli aspetti che ritiene irrinunciabili e indicare invece quelli negoziabili, in modo da avvicinare sempre più la catechesi ad un’opera comune costruita tra famiglia e comunità. Questa è l’occasione anche per “catechizzare” le famiglie stesse, ricordando i loro compiti educativi cristiani e suggerendo delle modalità per poterlo fare, magari approfittando delle competenze ed esperienze delle famiglie più sensibili e vicine al mondo ecclesiale.

– Infine, far incontrare tutti i genitori dei diversi gruppi assieme potrebbe avere anche la funzione di rinforzo in adulti che, molto spesso, si sentono soli e spesso scoraggiati nell’opera educativa. Vedersi numerosi, attorno ad un progetto comune, in un clima di gratuità e di non obbligatorietà, con sacerdote, catechiste volontarie e una comunità cristiana a disposizione, può aiutare le famiglie a non sentirsi sole nella difficile opera educativa delle giovani generazioni.

Quanti dovrebbero essere questi incontri? Ogni comunità ha le sue ricette e le sue tradizioni. Certo che uno solo è un po’ pochino, troppi sono troppi…: una cosa giusta, insomma, come dice il saggio…

don Sinuhe Marotta