Cent’anni di… “Prima Comunione”
Pio X apriva ai fanciulli in età di ragione l’incontro con Cristo nell’Eucaristia
Una rivoluzione nel mondo ecclesiale, in quanto il momento comunemente prescelto per accostare i ragazzi al sacramento della Presenza Reale di Cristo era situato attorno ai 12-14 anni. “Lasciate che i bambini vengano a me”, le parole di Cristo che probabilmente risuonarono nel cuore del Pontefice, preoccupato di non privare della grazia di Cristo i piccoli che tante sfide sociali e culturali erano chiamati ad affrontare in quei tempi non facili.
A cent’anni da quell’evento che tanto ha inciso nella vita ecclesiale e sociale (pensiamo a che cosa ha voluto dire e ancor oggi vuol dire la festa di Prima Comunione), i Vescovi del Triveneto hanno pubblicato il primo giugno 2010 una nota, che fa memoria di quella importante scelta del papa veneto: “La prima Comunione all’età dell’uso della ragione e il cammino di Iniziazione Cristiana oggi”, che viene inviato a tutte le parrocchie della diocesi.
In tempi in cui era necessario difendere la fede cristiana, il papa Pio X, che aveva fatto suo motto “Instaurare omnia in Cristo”, si diede “il fermo proposito” di “dare a Cristo un posto di rilievo nella costruzione della famiglia, della scuola, della società tutta intera”. Promuovere la comunione con Lui nei sacramenti e specialmente nell’Eucaristia fu la scelta prioritaria del papa, che avviò una serie di riforme per facilitare l’accesso dei fedeli all’Eucaristia, anche quotidiana.
“Non è necessaria la piena e perfetta conoscenza della dottrina”
Ci colpiscono i requisiti richiesti ai piccoli per accostarsi al sacramento: la conoscenza dei principali misteri della fede cristiana, la capacità di distinguere il bene dal male, la capacità di distinguere il Pane Eucaristico dal pane comune.
Ancor più interessante notare quali erano i responsabili previsti dell’ammissione al sacramento dei fanciulli: il padre, o chi ne fa le veci, e il confessore, riprendendo una prescrizione che risale addirittura al Catechismo Romano del 1556. Questi dovevano verificare “se i fanciulli avevano acquisito qualche idea di questo ammirabile Sacramento e se ne provavano gusto”.
Chiaramente, la conoscenza dei principali misteri richiedeva strumenti adeguati a fanciulli di 7 anni che spesso neppure sapevano leggere: da qui l’edizione del “Catechismo della dottrina cristiana” nel 1912 per i giovanetti e gli adulti, e una edizione che consisteva nei “Primi elementi della dottrina cristiana”, un estratto scritto appositamente per i bambini, anche se conserva comunque quasi 180 domande e risposte, benché estremamente sintetiche. Il resto è storia.
Il decreto “Quam singolari” a cent’anni di distanza
Che cosa ci suggerisce oggi quel decreto, si domandano i Vescovi nella loro nota? Innanzitutto a “tenere viva la nostra attenzione ai ragazzi e a promuovere la loro educazione cristiana, fin dai primissimi anni della loro vita”. A questo scopo i Vescovi italiani hanno pubblicato dopo il Concilio vaticano II il Catechismo per la vita cristiana (non più soltanto per la dottrina cristiana), che parte dagli 0-6 anni per giungere sino all’età adulta.
In secondo luogo, ci ricorda la responsabilità di accompagnare i ragazzi verso una progressiva conoscenza di Gesù e verso una comunione sempre più intensa con lui, facendo vivere loro una serena e gioiosa esperienza di vita cristiana all’interno della nostre comunità ecclesiali, come ci raccomanda il 2° volume del Catechismo dei fanciulli e dei ragazzi per l’iniziazione cristiana della CEI, “Venite con me”: «Gesù, il Maestro e il Salvatore, li invita a seguirlo per entrare in comunione con lui e, nella comunità cristiana, imparare a vivere e ad amare come lui, a fare propri i suoi insegnamenti e il suo stile di vita».
Infine ci ricorda che il momento culminante della nostra comunione con Cristo si realizza mediante l’incontro sacramentale con Lui nell’Eucaristia, «culmine e fonte della vita cristiana». Per questo è fondamentale accompagnare i bambini «a riconoscere con fede e ad accogliere Gesù risorto nella Chiesa e nell’assemblea, riunita per celebrare ogni domenica la Pasqua del Signore». Iniziare i bambini all’Eucaristia è dunque molto di più che prepararli alla prima Comunione.
Fare catechesi oggi
Sarebbe tradire un papa santo e cattolico come san Pio X il volerlo contrapporre ai papi venuti dopo di lui o considerarlo l’ultima espressione dello Spirito Santo nella Chiesa Cattolica, così come il vederlo agli antipodi dell’evoluzione positiva della Chiesa nell’epoca contemporanea.
Se l’intervento di papa Sarto tanto bene ha procurato in un secolo di prassi eucaristica ai fanciulli, altri ancora sono i problemi davanti ai quali ci troviamo oggi.
Sicuramente la necessità di offrire ai ragazzi che si accostano all’Eucaristia non solo nozioni cristiane, ma un apprendistato globale della vita cristiana, così manchevole in molta parte dei figli della nostra società. Come ci ricordano i Vescovi italiani nella presentazione del Progetto Catechistico nazionale, molteplici sono le dimensioni della vita cristiana: «l’adesione personale al Dio vero e al suo piano salvifico in Cristo; la scoperta dei misteri principali della fede e la consapevolezza delle verità fondamentali del messaggio cristiano; l’acquisizione di una mentalità cristiana e di un comportamento evangelico; l’educazione alla preghiera; l’iniziazione e il senso di appartenenza alla Chiesa; la partecipazione sacramentale e liturgica; la formazione alla vita apostolica e missionaria; l’introduzione alla vita caritativa e all’impegno sociale».
Quindi non solo catechismo dobbiamo offrire ai fanciulli, ma un’esperienza di vita cristiana, con preghiera, liturgia, incontri con testimoni, piccole occasioni di servizio: un percorso articolato e ricco, non fatto di sole riunioni o incontri conditi al massimo da qualche cartellone lasciato appeso dalla solitaria catechista per mesi alle pareti stanche dell’oratorio.
Anche la comunità cristiana va coinvolta più intensamente, rendendola protagonista almeno delle tappe celebrative che coinvolgono i ragazzi e i loro genitori: pensiamo all’accoglienza all’inizio dell’anno catechistico, alle forme di traditio e redditio del Simbolo o della Preghiera del Signore. E poi la comunità parrocchiale ha i mezzi per offrire delle mezze giornate di ritiro spirituale a misura di fanciulli, un protagonismo più vivo alla Messa domenicale, e così via.
I genitori, risorsa ma anche problema oggi, restano uno snodo irrinunciabile e imprescindibile nel percorso di catechesi. Sono risorsa perché essi chiedono il sacramento per il figlio ed esprimono così una disponibilità nei confronti del Vangelo e della Chiesa. Sono problema perché molto spesso appartengono a quella maggioranza di giovani adulti che hanno deciso di abbandonare in massa il cristianesimo pratico, in nome di altri stili di vita forse molto televisivi, ma non attinenti con le parole di Gesù.
Ecco che il percorso di fede dei piccoli figli diventa anche – e soprattutto, verrebbe da dire – per loro occasione per riavvicinarsi al Signore Gesù Cristo e alla sua comunità.
don Sinuhe Marotta